Si ritorna a parlare dei negozi chiusi la domenica. E non si escludono possibili modifiche sostanziali al testo del disegno di legge che limita le aperture domenicali dei negozi (26 domeniche su 52), testo che giovedì prossimo è atteso in Commissione Attività produttive della Camera.
Dopo la discussione in Commissione, il testo definitivo dovrà passare all’esame del Parlamento dove potrà subire ulteriori modifiche prima della definitiva approvazione.
La discussione si annuncia infuocata, specie dopo che l’Istat ha certificato la recessione tecnica del Paese. Il relatore del provvedimento, il leghista Andrea Dara, è possibilista (“l’intesa raggiunta non è la Bibbia”). Due le modifiche più probabili: la deroga per 14 città metropolitane e per l’e-commerce, cioè si potranno effettuare come prima le consegne anche di domenica dei prodotti acquistati online.
Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia, le 14 grandi città che continuerebbero sulla linea liberalizzatrice tracciata dal governo Monti sette anni fa.
Il tema è di grande attualità e tocca molti interessi, a partire dalla possibilità di incidere sul numero degli occupati.
La questione è stata trattata e approfondita dalla rivista Umbria Settegiorni.
E questa è l’occasione per riproporre il servizio.
da Umbria Settegiorni, ottobre 2018
Il ministro del lavoro Luigi Di Maio ha avanzato una proposta di legge che prevede la chiusura domenicale, e nei giorni festivi, degli esercizi commerciali (il 75% del totale); le città ad alta vocazione turistica dovrebbero restare escluse dal provvedimento.
La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali fu voluta dal Governo Monti allo scopo di dare una spinta ai consumi ed incrementare il livello occupazionale della popolazione.
In un recente intervento alla stampa, il vice premier Di Maio ha dichiarato: “L’orario degli esercizi commerciali non può essere più liberalizzato, perché quella liberalizzazione sta distruggendo le famiglie italiane…”.
L’argomento è utile per aprire un dibattito su questa proposta che sta suscitando commenti e malcontenti e non sono mancate le polemiche da parte dei sindacati, della Chiesa e degli operatori commerciali.
Umbria Settegiorni vuole comprendere quali saranno i risvolti politici, economici e sociali di questa proposta di legge. Lo facciamo coinvolgendo i diretti interessati, e cioè i manager della grande distribuzione, sindacati, esponenti politici.
Sulle colonne del quotidianodellumbria.it abbiamo scritto “sono 50mila e 700 gli umbri che svolgono un regolare lavoro la domenica, nella ristorazione, nel commercio al dettaglio, nella grande distribuzione. Nell’ultimo numero in edicola di Umbria Settegiorni è stato evidenziato come, almeno per coloro che lavorano nei centri commerciali, la preannunciata “chiusura” cambierà radicalmente le loro abitudini. E così oltre 6mila dipendenti del settore del commercio attendono di sapere se e come verrà modificata la normativa a livello nazionale. A questi si aggiungono i proprietari di negozi che finora hanno tenuto aperto l’esercizio per aumentare i propri affari.
Come rileva uno studio della Cgia di Mestre (che ha analizzato i dati Istat relativi al 2016), quasi un dipendente umbro su cinque la domenica esce di casa per recarsi al lavoro. Una media che è in linea con quella nazionale.
L’argomento è meritevole di attenzione perché riteniamo che il problema sia ben più ampio dalle semplici considerazioni politiche, in quanto riguarda la libertà di scelta degli italiani e non in ultimo il rischio di incrementare il tasso di disoccupazione già elevato in Italia ed in modo particolare nella nostra regione.
Nel contempo la chiusura dei negozi nei giorni festivi potrebbe ulteriormente avvantaggiare gli operatori del commercio online che è il vero competitor del commercio tradizionale.
Abbiamo posto alcune domande a Danilo Toppetti, Direttore Generale Pac 2000A Conad e Giancarlo Paola, AD GMF spa – Direzione commerciale Gruppo Unicomm – Delegato Regionale Federdistribuzione.
Qual è la vostra opinione sugli effetti della proposta di legge?
Danilo Toppetti: Abbiamo appreso dagli organi di stampa che, in Parlamento, è pronto a partire l’iter di discussione di alcune proposte di legge di area governativa che prevedono la drastica riduzione delle aperture degli esercizi commerciali nei giorni festivi. Questa decisione è per noi inaccettabile, poiché priva di buon senso e concepita al di fuori delle logiche di sviluppo, anche se dal lato strettamente economico, per le imprese, le chiusure domenicali porterebbero ad una riduzione dei costi
Giancarlo Paola: Una eventuale chiusura nei giorni festivi produrrà innanzitutto effetti negativi sull’occupazione. Una recentissima indagine fatta da Retail Institute presso 74 aziende commerciali che occupano 404.000 persone e fatturano 118 mld di euro ha evidenziato che il 58% di esse stimano una riduzione del personale del 5/10% altre numeri diversi.
Il commercio è fortemente minacciato da Internet, c’è addirittura chi ha dichiarato che questa proposta di legge può essere considerata al pari di un “regalo dei 5 stelle ad Amazon”. Il vostro punto di vista.
Danilo Toppetti: Il commercio in questo periodo è in forte evoluzione. Da un lato ci troviamo di fronte ad un mercato sempre più mutevole ed impoverito e dall’altro assistiamo alle mutazioni indotte dall’e-commerce che si sta sempre più sviluppando anche nel settore alimentare. Sarebbe opportuno che non si affrontasse solo il tema degli orari ma si riflettesse serenamente sulla evoluzione del settore e sulle prospettive future. Questa proposta di legge, invece, obbligherebbe i negozi a chiudere, ma non sembra toccare i mercati che fanno vendita diretta e fatturano 3 miliardi all’anno. E’ come dividere il mondo in buoni e cattivi. Si fa fatica a comprendere l’utilità di una norma, che lungi dal tutelare i piccoli esercizi, costituirebbe soprattutto uno straordinario regalo ai colossi dell’e-commerce.
Giancarlo Paola: Se ne avvantaggerà l’e-commerce? Certamente sì! Pensiamo ai negozi di non alimentari (abbigliamento, tecnologico, ecc) presenti nei centri commerciali che oggi hanno nella domenica il giorno con più visite. Quei clienti utilizzeranno il tempo prima dedicato alla visita al negozio fisico a navigare sui siti di vendita online.
I dubbi dei cittadini e di molti opinionisti in merito alla nuova proposta di legge, promossa da M5S, sono molteplici: recenti indagini indicano in 19,5 milioni le persone in Italia che effettuano acquisti nei giorni festivi. Questa legge potrebbe voler dire “fare un passo indietro a danno delle imprese, del commercio e dei lavoratori”. Un’altra indagine promossa dal Corsera conferma che “la maggioranza degli italiani (56%) è contro la chiusura domenicale o festiva dei negozi”. Qual è la vostra opinione?
Danilo Toppetti: Si tratta, a nostro avviso, di una proposta totalmente disancorata dalla realtà, dai bisogni reali dei consumatori e del mondo produttivo. Gli attori in gioco sono sostanzialmente 3 e tutti subiranno ripercussioni negative. Le imprese che vedrebbero limitare la libertà di scelta in uno scenario di stallo dei consumi.
Poi ci sono i lavoratori. Si prevede che le chiusure domenicali potrebbero portare ad una contrazione dell’occupazione di circa 40/50 unità. Infine ci sono i clienti che, si stima, siano circa 19,5 milioni gli italiani che approfittano dei giorni festivi per fare acquisti, certificando l’esistenza di un interesse e di una esigenza, i quali verrebbero privati di un servizio di grande utilità al quale oramai si sono abituati. Come spiega chiaramente il Presidente ed Amministratore delegato di Unes/ U2 supermercati Mario Gasbarrino, chiedere ai clienti di non fare più spesa la domenica “….è come pretendere di rimettere dentro al tubetto il dentifricio appena spremuto…”. Questi numeri dimostrano con molta forza l’inopportunità di tale provvedimento.
Giancarlo Paola: 19,5 milioni di persone compra la domenica (il 75% di chi è responsabile degli acquisti in famiglia) e per il 58% dei cittadini (15 milioni) l’acquisto domenicale è diventata un’abitudine consolidata. Nella Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) sono 12 milioni i consumatori che comprano ogni domenica; i pareri possono essere diversi ma i numeri dicono che gli italiani trovano comodo fare la spesa la domenica, soprattutto le donne che durante la settimana tra lavoro e impegni con i figli, non riescono a farla.
Il presidente di Federdistribuzione, Domenico Gardara, ha dichiarato che per il commercio ed in particolar modo per la grande distribuzione, la domenica “è il secondo giorno di importanza per fatturato, spesso con valori economici pari al doppio degli altri giorni della settimana”.
Siete d’accordo?
Danilo Toppetti: Le indagini condotte negli ultimi anni hanno riscontrato da parte dei consumatori un alto grado di apprezzamento nei confronti delle aperture domenicali. Per quanto riguarda le vendite la domenica vale il doppio degli altri giorni della settimana, escluso il sabato.
Giancarlo Paola: Laddove i punti vendita rimangono aperti 7 giorni, la domenica è il secondo giorno per fatturato, rappresentando quasi il 15% del fatturato settimanale. Per alcune attività commerciali del non alimentare presenti nei centri commerciali e negli outlet la domenica vale molto di più.
Se dovesse passare la proposta Di Maio, quali e quanti sarebbero i vantaggi, o i disagi per l’economia?
Danilo Toppetti: Certamente avrebbe ricadute negative sui consumi e sul Pil. Come accennavo in precedenza l’impatto sugli occupati della Grande distribuzione organizzata, settore che attualmente vede impiegati circa 450 mila addetti, a cui vanno aggiunti quelli dell’indotto è di non poco conto. Stupisce, anzi, che in un momento di grandi difficoltà economiche le organizzazioni a tutela dei lavoratori non mostrino preoccupazione a fronte di una proposta che mette a rischio migliaia di posti di lavoro. Altro elemento di criticità riguarda la possibilità, prevista nelle proposte di legge, di affidare alle Regioni il compito di regolamentare orari e giorni di chiusura, che avrebbe come diretta conseguenza quella di peggiorare un quadro normativo già frammentato, e che già oggi costituisce uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico del nostro Paese.
Giancarlo Paola: Non bisogna essere esperti di pianificazione aziendale per comprendere che diminuendo i giorni di apertura ci sarà bisogno di meno personale. Dall’entrata in vigore del decreto Salva Italia del 2011, la Distribuzione Moderna Organizzata ha erogato ogni anno oltre 400 milioni di maggiori stipendi, equivalenti a 16.000 posti di lavoro. Meno giorni di apertura non consentiranno di spalmare totalmente le vendite che si andrebbero a perdere e quindi sarà naturale una riduzione dei consumi già stagnanti. Ribadisco che alcune attività non alimentari hanno bisogno di vendite ad impulso che la domenica, con maggior tempo a disposizione, senz’altro favorisce.
A vostro avviso è utile offrire alle famiglie italiane l’opportunità di fare la spesa o gli acquisti la domenica o nei giorni di festa?
Danilo Toppetti: In Conad i negozi aperti la domenica sono meno della metà, circa il 40%. Di questi il 60% apre solo la domenica mattina. Questa è la dimostrazione che il tema della liberalizzazione non significa necessariamente aprire dappertutto, ma al contrario dà la possibilità agli esercizi commerciali di rispondere al meglio alle esigenze dei propri clienti.
Giancarlo Paola: Le risponderei con una altra domanda: è utile dare la possibilità alle famiglie italiane di andare a pranzo al ristorante la domenica? Mi risponderebbe certamente si! La scelta esiste quando esiste l’opportunità e quindi chi ha poco tempo durante la settimana deve avere la possibilità di farlo quando crede. A proposito di ristoranti bisogna ricordare che la ristorazione nei centri commerciali fattura la domenica circa 1 miliardo all’anno; pensiamo che mangino il doppio negli altri giorni della settimana? Altri posti di lavoro a rischio!
In relazione alla proposta di legge, trattandosi di libertà di scelta del tempo libero degli italiani, lavoratori inclusi, è corretto che sia il Governo o la politica a decidere se tenere aperti o chiusi i negozi nei giorni delle festività?
Danilo Toppetti: Tale provvedimento limita fortemente la libertà di impresa, la concorrenza e la libertà di scelta dei consumatori riportando il Paese indietro di diversi anni. L’unica cosa che posso dire è che si sbaglia quando si afferma che la distruzione della famiglia dipende dal fatto che si vada a fare la spesa la domenica. Non c’è dubbio che, anche a causa dell’eccessivo consumismo, le comunità si stiano disperdendo sia all’interno della famiglia che fuori, ma pensare di risolvere questo problema con un approccio impositivo non è coerente né risolutivo.
Giancarlo Paola: Premesso che l’azienda che rappresento, il Gruppo Unicomm, è stata tra le ultime ad aprire le domeniche e l’ha fatto quando i clienti “fedeli” ci informavano che erano costretti ad andare dai nostri competitor. Oggi sarebbe anacronistico tornare indietro! Io penso che le restrizioni e le regolamentazioni “imposte” di alcuni settori si possano avviare quando l’economia va bene e non in situazioni di crisi come quella che il nostro Paese vive dal 2008.