Ma quale libertà di stampa! Questo governo appena nato forse non ha fatto ancora molto, ma una cosa ha contribuito a renderla chiara. In questo Paese l’industria della comunicazione non risponde a regole deontologiche civili, ma è solo il megafono della opprimente voce del padrone.
Fateci caso, contro questo esecutivo giallo-verde è tutto un fiorire d’insulti. Si ascoltano i telegiornali, si sfogliano i quotidiani, ed è una continua sarabanda di improperi a senso unico, tali e tanti che alla fine ti vien voglia di metterti a canticchiare De André: “E fu così che da un giorno all’altro Bocca di rosa si tirò addosso l’ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso”.
Insomma mai si era vista una stampa nemica così compatta e unita, tanto spregiudicata. Mai si era assistito a tanta arroganza e a tanta determinazione nel caricare a pallettoni l’artiglieria degli insulti e nello spargere fango a piene mani contro coloro che hanno avuto l’ardire di vincere e conquistare legittimamente il potere, senza chiedere il permesso a lorsignori.
Ma attenzione, a parte le battute, siamo arrivati al punto tale che questa battaglia all’ultima offesa la si potrebbe anche definire una “guerra allo Stato”.
Sì, perché qui non si tratta più di sane e democratiche divergenze, questa è, a tutti gli effetti, una lotta senza quartiere, portata avanti con una serie di attacchi mirati e violentissimi, che poi alla fine dà il senso di quanta rabbia e livore covi all’interno di certi cuori straziati e infranti.
E allora si continua a cantare: “Ma le comari d’un paesino non brillano certo in iniziativa, le contromisure fino a quel punto si limitavano all’invettiva”.
E perfino nei telegiornali paludati, nelle testate ammiraglie che da sempre navigano sul mare tranquillo della propaganda a senso unico, ormai passano come fossero fiorellini le offese: “Malavitoso, devi morire, razzista, nazista, assassino”… e chi più ne ha più ne metta. E poi, fra un servizio e l’altro arriva anche chi punta il dito contro il “lebbroso, populista, pericoloso, antieuropeista ecc. ecc.”.
Siamo allo sdegno più totale! Un vilipendio senza precedenti.
Dal rapper allo scrittore, dall’opinionista al parlamentare, dal Capo di Stato estero, al Commissario UE.
Una pazzesca rabbia ad personam vomitata tramite social, media e piazze, talmente esagerata che alla fine rischia di provocare l’effetto contrario, far esplodere cioè un dissenso sociale inverso, facendo diventare perfino simpatici gli stessi “aguzzini” condannati senza appello dai vecchi “paladini della giustizia armata”.
Come per esempio quell’incartapecorito del Furio Colombo che sul Fatto Quotidiano è riuscito a paragonare Matteo Salvini al “contabile” dell’Olocausto.
L’ex direttore dell’Unità, sapendo che per essere ascoltato doveva esagerare, non ha trovato di meglio che affermare: “In questi brutti giorni, l’Eichmann italiano appare fiancheggiato da alcuni che desiderano avere un posto nella storia tra i persecutori di disperati, i denigratori dei salvatori e i narratori di storie di complotti”.
E nessuno che risponde al nostro vecchio piccioncino furioso che difendere i confini di un Paese significa salvaguardarne l’equilibrio fisiologico, e che questo non c’entra niente col nazismo, anzi, è solo una questione di buonsenso e di buona pratica politica.
Tant’è che non c’è nessuna nazione al mondo che tiene aperte le proprie frontiere, o che addirittura, come ha fatto l’Italia fino a un paio di mesi fa, non solo non si opponeva a chiunque vi volesse approdare, ma anche, con l’ausilio di navi e aerei, i profughi, i clandestini, i richiedenti asilo e quant’altro, li andava addirittura a prendere a domicilio…
Ed è allora che ti vien voglia di cantare a squarciagola: “Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio”.
Carlo Gauderi