Ieri pomeriggio nell’aula magna di palazzo Gallenga un bel concerto di flauti e chitarra ha caratterizzato il penultimo concerto della stagione A.Gi.Mus. di tardo autunno con una sorprendente combinazione strumentale. Di fronte al pubblico tradizionalmente presente nella prestigiosa sala si sono schierati tre musicisti, Marco e Roberto Cilona, flautisti e il chitarrista Massimo Aureli. Combinazione del tutto congeniale e ricca di repertorio, con possibilità di accostamenti multiformi. E’ stato così pià er la prima parte del concerto, piuttosto ingessata e accademica, con una alternanza Bach padre e figlio. Del grande Johann Sebastian la Trio sonata BWV 1039, del secondo un duetto a flauti soli di Wilhelm Friedman, forse il più dotato e geniale della prolifica genia germanica.
A scorrere poi il resto del programma l’aspettativa si alzava per una successione di musiche latino americane che aveva nella chitarra di Aureli una vera specializzazione professionale. Il musicista romano infatti spazia dagli studi classici con Alirio Diaz, dalla formazione del Trio Chitarristico santa Cecilia, alle collaborazioni con Francesco de Gregori e Nini Rosso, alla diffusione della musica brasiliana realizzata con la chitarre a sette corde, tipico strumento del repertorio brasiliano e argentino.
E proprio con una selezione di Choro si apre la seconda parte del concerto. Il choro è la tipica musica con cui i brasiliani hanno assimilato e emulsionato i temi della musica occidentale. Di qui una serie di valzer e di mazurke che conservano gli stilemi europei, ma subiscono le trasformazioni tipiche della tradizione amerindia. Ecco quindi l’agguerrito Roberto Cilona affiancarsi alla chitarra per produrre una serie di musiche entusiasmanti che vanno da Feia di Bandolin al Grauna di Pernambuco, all’abusato Oblivion di Piazzolla. Poi si va verso l’Argentina delle danze tradizionali. Argentina non vuol dire solo tango, ma anche una grande produzione di stili propri della sconfinata Pampa come il Passo Fundo di Sa, o Avenida Centenario di Pujol. Infine i due flautisti si affiancano per uno sguardo sulla danza più diffusala Zamba, ossia il nome e il modo con cui gli argentini hanno assimilato il modello della danza brasiliana più conosciuta. E infine uno sguardo al Cile con Carlos Radaelli e il suo “Cueca en sol de noche”.
Festa di applausi alla fine del concerto, con prevedibili richieste di fuori programma.
E una bella soddisfazione per la sezione AGiMus dedicata a Valentino Bucchi che ancora una volta testimonia la sua vitalità e la sua utilissima “curiosità” per forme poco conosciute della musica da camera. A tal proposito c’è molta attesa per il concerto conclusivo della stagione invernale che sarà affidato a una formazione di mandolini.
Stefano Ragni