Questa sera, si cena in carcere. Sta tutta in un gioco di parole e in una provocazione, la nuova sfida del Nuovo Complesso Penitenziario di Perugia che ha ospitato all’interno delle mura un vero e proprio ristorante in occasione della quinta edizione delle “Golose Evasioni”, cena evento organizzata nell’ambito del corso di “Addetto alla cucina” e alla quale hanno partecipanto 240 ospiti paganti.
Numerose le autorità presenti: tra gli altri il Prefetto Claudio Sgaraglia, il Questore Mario Finocchiaro, il Procuratore Generale della Repubblica Fausto Cardella, Padre Mauro Gambetti Custode del sacro Convento di Assisi, il Sindaco del Comune di Perugia Andrea Romizi. Un corso speciale quello organizzato nel laboratorio del carcere di Capanne previsto nell’ambito dell’avviso “Umbriattiva Giovani”, finanziato dalla Regione Umbria e gestito dalla cooperativa sociale Frontiera Lavoro. Il corso prevede 255 ore di lezione ed offre a 10 detenuti under 30 del reparto penale dell’istituto perugino la possibilità di apprendere un mestiere sotto la guida di esperti chef che trasmettono tutti i trucchi per diventare professionisti a 360 gradi, capaci di soddisfare le richieste dei clienti più esigenti.
E delle competenze acquisite gli allievi ne daranno un saggio durante la cena “Le Golose Evasioni” che si è svolta per un pubblico pagante proprio all’interno della struttura penitenziaria. Sono stati affiancati nella preparazione della cena dagli chef Catia Ciofo, Antonella Pagoni, Cristiano Venturi ed Andrea Mastriforti, tutti nomi tra i più importanti del panorama ristorativo italiano mentre i musicisti di UmbriaEnsemble guidati da Maria Cecilia Berioli hanno offerto un contributo musicale in apertura della cena. Che ha avuto un menu e una carta dei vini che non hanno nulla da invidiare ai locali più celebri di Perugia. Passatelli con punte d’asparagi, datterino appassito, fusione di menta e guanciola di vitello brasato sono state solo alcune delle specialità del menu.
Cuochi e camerieri sono dieci detenuti, istruiti da quattro fantastici chef e guidati in sala da un maître professionista, Emilio Sabbatini, dalla lunga carriera nella ristorazione di alto livello, che hanno affrontato questa nuova sfida con entusiasmo: “Qui si lavora con persone che hanno commesso degli errori e che stanno portando avanti un percorso di reinserimento, a cui bisogna insegnare tutto. Ma hanno molta umiltà e grande voglia di imparare”, spiega a nome di tutti una delle docenti, la chef Catia Ciofo. Tutti i dettagli della serata sono stati curati con la massima attenzione. Tavoli eleganti, tovaglie raffinate, candele accese, piatti di porcellana, sottopiatti, bicchieri di vetro e posateria di alta qualità. E la cura per il dettaglio arriva fino al piatto.
Per Aldo, 28 anni, uno degli allievi, una delle soddisfazioni più grandi è “sapere che il cliente gradisce non solo il cibo, ma anche la preparazione”. Sotto la guida attenta degli chef, Aldo mette molta cura nell’impiattare il cibo, guarnirlo per bene con salse e intingoli: “Si mangia con tutti i cinque sensi, quindi anche con gli occhi”, spiega. Per Aldo, Nour Eddine, Gianluca e gli altri detenuti, il corso per “addetto alla cucina” rappresenta una straordinaria opportunità per imparare un mestiere. “Per non sprecare il tempo che dobbiamo passare qui”, riflette Aldo. Perché il lavoro rappresenta l’arma migliore per combattere la recidiva ed evitare che l’ex detenuto, una volta tornato in libertà, commetta nuovi reati.
Ma imparare un mestiere spesso non basta. «Non è la magistratura a dare il fine pena ai detenuti, è la società – sottolinea il coordinatore del progetto, Luca Verdolini. Perciò desideriamo che l’attività formativa di Frontiera Lavoro in carcere diventi un marchio forte e credibile. E che possa costituire un elemento importante nel curriculum di ogni detenuto che vi transiterà”. L’evento “Golose Evasioni” rappresenta anche un modo per superare le invisibili barriere che separano il mondo esterno dal carcere. “La sfida più importante è quella culturale – aggiunge il direttore dell’istituto perugino, Bernardina Di Mario – con la sua costante apertura al pubblico tale evento vuole essere un’opportunità di interfacciarsi con l’universo carcerario e riflettere sul senso della pena”.