L’Umbria scivola sempre più nel declino della povertà. Ci sono segnali, come quelli messi in rilievo nell’elaborazione dell’Istat del “Rapporto SDGs 2019. Informazioni statistiche per l’Agenda Italia 2030”, che la dicono lunga su come il lungo tunnel di precarietà e difficoltà in cui si è ritrovata la regione dal 2007, sia ancora una strada lunga e senza apparente via d’uscita.
Uno fra tutti preoccupa più degli atlri. Il dato riferito alla povertà relativa è a dir poco allarmante: arrivata al 17,6 per cento, e ben al di sopra del Centro Italia, fermo al 10,5 e della media nazionale del 10,5.
Ma che da queste parti si viva “male”, emerge anche da altri indicatori. Gli umbri fanno registrare sempre più un eccesso di obesità, un disagio che riguarda soprattutto i minori tra 6 e 17 anni, che in Umbria tocca il 22,8 per cento. Ma anche per gli adulti l’eccesso di peso del complesso della popolazione non è da sottovalutare affatto, visto che nel Cuore Verde arriva al 46,6 per cento, in Centro Italia il 43,3, mentre a livello nazionale il 44,8.
Preoccupanti i dati su alcol e tabacco. Il consumo eccessivo di bevande alcoliche riguarda il 18,3 per cento della popolazione umbra, ed è di oltre due punti percentuali sopra la media del Centro, stabile al 16,85, e di quella nazionale arrivata al 16,7.
Andando a vedere poi il consumo di tabacco, riferito alle persone al di sopra dei 15 anni, il fenomeno riguarda in Umbria il 23 per cento della popolazione, in Centro Italia il 20,6 e in Italia il 20.
Rimangono indici migliori della media nazionale quelli relativi alla grave deprivazione materiale, ovvero della povertà assoluta che in Umbria tocca il 6,7 per cento, mentre a livello di Centro Italia siamo al del 7,9 per cento e complessivamente in tutto il Paese supera quota 10 per cento.
«Per la prima volta nella storia del regionalismo umbro – commenta il presidente dell’Ires-Cgil Mario Bravi che ha rielaborato i dati – abbiamo un indicatore relativo alla coesione sociale peggiore della media nazionale, mentre su alcuni versanti resiste una situazione di relativa tenuta, migliore della media italiana». «Sono dati questi – conclude Bravi – che dovrebbero spingere ad una riflessione adeguata e ad una conseguente iniziativa pubblica, per salvaguardare e innovare il sistema di coesione sociale».
E che nel prossimo futuro non ci sia molto da sperare risulta anche dall’ultimo rapporto Istat, che evidenza il dato della occupazione in Umbria, che dal 2008 a oggi l’indice è sceso del 2,3 per cento. Andando a vedere gli ultimi dati di quest’anno si evince che le domande di disoccupazione, 23.622 nel 2017, salite a 25.455 nel 2018, hanno avuto un ulteriore balzo in avanti a febbraio 2019. Infatti nei mesi di gennaio-febbraio le domande Naspi presentate all’Inps sono state 4.715 (con un aumento di circa il 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Peggiora anche il livello delle ore della cassa integrazione. Dopo un lungo periodo durante il quale l’utilizzo era risultato in costante diminuzione, ora nei primi tre mesi c’è un inversione di tendenza. Infatti nel mese di marzo 2019 in Umbria, il ricorso alla Cig è stato pari a 653.497 ore contro le 588.869 del marzo 2018 con un aumento pari al 10,97 per cento. Complessivamente nei primi tre mesi del 2019 si passa da 1.357.220 ore del 2018 a 1.396.296 ore con un aumento pari al 2,88.