(A.L.) Un tempo per avere dei servizi si parlava con uffici retti da persone in carne ed ossa, ora si fa tutto tramite call center situati in Nord Africa o in paesi dell’Est che a malapena conoscono la lingua italiana e per loro ogni persona è un numero da liquidare nel minor tempo possibile.
E’ capitato così che un disabile perugino è dovuto ricorrere ad un avvocato per far valere i propri diritti e tentare di sconfiggere la burocrazia.
Senza dilungarsi nel raccontare tutto il labirinto di adempimenti, incomprensioni e menefreghismo, diciamo subito che il protagonista della vicenda vuole pagare il servizio, ma vuoi per un vecchio proprietario moroso ed un ente erogatore del gas sordo, questa diventa una vicenda kafkiana.
Intanto il gas non viene ancora erogato, il malcapitato non può cucinare né utilizzare l’acqua calda, in attesa che l’iter legale faccia il suo corso.
Sarebbe bastato il buonsenso di un impiegato che, esaminata la pratica e accertato che non si può far pagare per vecchie colpe, un disabile che tra l’altro si vuole mettere in regola, ed il problema sarebbe stato risolto.
Questo è il tempo dei call center, della fine dei rapporti umani diretti, della burocrazia cieca e sorda e sinceramente le aziende che vi ricorrono non fanno una bella figura.
Ma non sarà tempo di privilegiare quelle aziende che tornano all’antico e si prendono la responsabilità di trattare l’utente come una persona e non come un oggetto?