Di AMAR – Io sono convinto che tutte le iniziative (serie) che servono ad attirare interesse verso il tema della tutela ambientale, siano degne di attenzione. Dal 2012 ogni anno, si svolge la Settimana del Pianeta Terra. Ha lo scopo di “diffondere il rispetto per la natura, la cura del territorio e la consapevolezza dei rischi ai quali siamo esposti”. Ed anche “appassionare i giovani alle geoscienze”, oltre a “promuovere il turismo culturale, sensibile ai valori ambientali”. Meritevoli di encomio sono pure le Giornate del FAI d’autunno, “per difendere le bellezze d’Italia e raccontarle agli italiani di oggi e di domani”.
E’ stato riaperto al pubblico, proprio dal FAI, il Bosco di S. Francesco, nel territorio di Assisi. Si tratta di un ottimo esempio di paesaggio rurale, 64 ettari di superficie, che si diparte dalla Basilica ove sono custodite le spoglie del Santo. Dal Tempio della spiritualità si attraversa un suggestivo angolo di Umbria, alla riscoperta del “messaggio di perfetta armonia tra uomo e creato, lasciatoci dal Santo”. Tre percorsi in uno: spirituale, naturalistico e storico. Di una azione promozionale in tal senso c’è bisogno, così come della valorizzazione, attraverso la conoscenza, del patrimonio polivalente della nostra regione.
Un concetto simile a quello indicato nel titolo di questa breve nota (breve, considerata la vastità del tema), mi sembra di averlo già espresso, sotto forma di interrogativo forse banale, però non marginale. La domanda dalla quale partire è: Le esigenze dello sviluppo economico e la salvaguardia dell’ambiente sono due “questioni” configgenti, peggio, antagoniste? Se la risposta data dai comportamenti umani continuerà ad essere sì, allora la Terra, nel giro di qualche secolo, è destinata allo sconvolgimento. Per aprire invece la strada ad un futuro che dia certezze, soprattutto ai nostri discendenti, dobbiamo rispondere no. Un NO maiuscolo. Però, con azioni concrete che eliminino o, quanto meno, attenuino il conflitto e non più con gli egoismi nascosti dietro le buone intenzioni, declamate e non realizzate.
Le azioni di coordinamento tra crescita economica e protezione della natura obbligano i principali Paesi industrializzati ad impegnarsi, con progetti immediatamente esecutivi, perché il tempo degli incontri, dei convegni e soprattutto dei rinvii è finito. L’integrità ambientale è patrimonio costituito da un complesso di valori non negoziabili, non secondari; tenendo conto che il nostro Pianeta è fatto di terra, ma anche di tanta acqua (dal pelago alla riva), da tanta atmosfera. E l’inquinamento del suolo, dell’acqua, dell’aria è una incuria che mette in pericolo gli esseri viventi, l’habitat degli animali e addirittura i retaggi monumentali della storia. Ho avuto modo di rilevare, in altra sede, l’oltraggio del quale è stato vittima il mare: le aggressioni dell’ultima guerra, le isole di plastica, i carichi navali dispersi, gli sversamenti dei rifiuti. L’aria che respiriamo negli agglomerati urbani, ormai d’ogni dimensione, è diventata fonte di malattie di ampiezza sociale. Terni sta nell’alta classifica. E’ innegabile che la lotta alle povertà, l’equa distribuzione della ricchezza, l’espansione del benessere siano elementi di libertà. Però, non ad ogni costo. Quando si ottengono in maniera ostile e insostenibile nel confronto con l’ambiente, la qualità dell’esistenza rischia un progressivo scadimento. Con l’uomo, in tal caso, artefice delle sue sfortune.
Anni addietro, gli scienziati ipotizzarono un paradosso. Dissero: Se l’uomo, inteso come insieme dei viventi, sparisse all’improvviso, la Terra tornerebbe a rifiorire, bonificando se stessa. Se liberato all’istante dai miliardi di individui che lo popolano, il nostro Pianeta tornerebbe a risplendere. Per esempio, il blackout elettrico totale farebbe cessare ogni disturbo acustico e luminoso. Basterebbero pochi mesi per abbattere gli agenti nocivi dell’atmosfera. Le specie animali, oggi in via di estinzione, tornerebbero a moltiplicarsi. Tempo 50 anni e le acque dei fiumi e dei laghi riacquisterebbero la loro potabilità. In cent’anni, i prati e i boschi eccoli riappropriarsi della originaria dimensione. E nell’arco di alcuni secoli, del costruito dai palazzinari rimarrebbero solo macerie. L’unica mascalzonata durevole per qualche millennio, sarebbe il nucleare e le scorie nascoste furtivamente, come fa il gatto con le sue porcherie. Tutti questi e molti altri effetti positivi sarebbero (per assurdo, ovviamente) conseguenza della sparizione dell’uomo, una volta evitato l’impatto a muso duro del pesante intervento operato, per lo più nell’era moderna, a danno del Pianeta Terra. Insomma, il sole risplenderebbe dal cielo tutto trasparente, su un “mappamondo” di bell’aspetto. E il Creatore potrebbe – questo il principale traguardo – ridare vita ad un’altra umanità più rispettosa di sé stessa e del creato.
Non potendosi realizzare tale scenario (una Terra disabitata, si perderebbe nell’anonimato dell’Universo), è invece possibile ridurre il “peso ingombrante” dei gruppi di potere che, per fare trincea attorno ai propri privilegi, agiscono con azioni di contrasto per vanificare gli effetti degli accordi internazionali che, perciò, spesso perdono di efficacia e di concretezza. Si finisce così per confondere l’incremento del benessere materiale con il progresso civile, sociale, culturale che è cosa sostanzialmente diversa e di maggiore contenuto. Così come, su un altro versante, si sta confondendo, in Italia, l’irrazionale volontà popolare con il consenso politico e l’interesse generale del Paese. Una involuzione stimolata dal basso tornaconto elettorale e da smanie di potere. Involuzione all’interno, aggravata dalla scorretta strategia diplomatica all’estero. In tal modo, si finisce per falsificare il disegno strategico considerato fondamentale per ogni Governo: l’equa distribuzione della ricchezza e il rispetto della giustizia sociale, in un’ottica di lungo periodo; mentre la logica del tutto e subito può creare avventurismi pericolosi.
Tornando – per concludere questo sommario richiamo formulato dalla ragione – al tema posto dall’interrogativo iniziale, ogni uomo di buona volontà deve impegnarsi nel diffondere il convincimento che, senza quel punto di sintesi permanente tra tutela dell’ambiente di vita e crescita economica, non si riuscirà a ricomporre l’equilibrio indispensabile a garantire i processi storici futuri. Sappiamo – è un altro esempio – che le risorse primarie non sono inesauribili; significa che un consumo senza limiti pregiudica di sicuro le prossime generazioni. Sappiamo che senza il potenziamento della produzione industriale, raccordato con nuove regole di protezione ambientale, non si riuscirà a tornare sulla retta via. E l’uomo continuerà a rimanere prigioniero di modelli sociali devianti e lontani dalla migliore forma della democrazia nella organizzazione d’ogni comunità.