di Bruno Di Pilla – “La Chiesa è un ospedale da campo”. Queste le nobili parole di Papa Francesco, che non chiacchiera a vuoto, né si limita a generici annunci, com’è deprecabile costume di tanti politici, ma non perde occasione per mettere in pratica le buone intenzioni e mostrare, “urbi et orbi”, quanto importante sia tendere concretamente la mano ai sempre più numerosi emarginati dalla cosiddetta società del benessere.
Ogni giorno, infatti, cresce il disagio di chi non ha alcun mezzo di sussistenza e la cui unica speranza di sopravvivere, nelle insensibili giungle urbane, è costituita dalle mense Caritas, nonché dall’evangelica generosità dei tanti volontari che, magari dopo il lavoro, corrono qua e là per fornire assistenza a chi giace all’addiaccio negli angoli bui, sui marciapiedi o sotto i ponti delle grandi città. In questa ottica, Papa Bergoglio compie un ulteriore passo in avanti nel sovvenire ai più elementari bisogni del prossimo sofferente: avvalendosi dell’entusiastica adesione di medici ed infermieri di buona volontà, “apre” le porte del Vaticano a chiunque voglia sottoporsi ad accurate visite e terapie sanitarie, altrimenti inaccessibili a tutti coloro che vivono in condizioni di assoluta indigenza.
Questa ennesima testimonianza di servizio ed amore per i poveri, sulla via tracciata dallo stesso Figlio di Dio e poi da Francesco d’Assisi, non a caso ribattezzato “alter Christus”, verrà attuata a Roma domenica prossima, 18 novembre, proprio sul grande piazzale antistante la Basilica di San Pietro, dove verranno allestiti presìdi sanitari utili per ogni esigenza. E non si tratterà di un’iniziativa isolata, come ha promesso lo stesso Pontefice, d’altronde da sempre definito “servus servorum Dei”. Anche in tal caso si stracceranno le vesti, gridando allo scandalo, i sedicenti tradizionalisti cattolici?