Di Adriano Marinensi – Mi è capitata tra le mani una piccola raccolta di vecchie pagine di giornale, datate 1970, tutte dedicate alla Cronaca di Terni. Le conservo per pura vanità. Riportano articoli che ho scritti nella notte dei tempi, sul quotidiano “Il Tempo” (singolare assonanza).
La rubrica si chiamava “Galleria in punta di spillo”. Fine dell’introduzione personal narcisistica. Siccome, il passato, per chi i capelli ce li ha bianchi, stimola la curiosità e l’”amarcord”, allora mi sia consentito di riassumere, in una breve narrazione, alcuni fatti, accaduti nell’arco di pochi giorni, pressappoco nel medesimo luogo, in circostanze che riuniscono tutto in un dramma.
Mi sono messo a rileggere, su quelle pagine, soprattutto i titoli e qualche articolo. Il primo argomento è di cronaca nera. Si parla di due giovani ternani, Antonio e Renzo, amici tra loro perché abitanti lungo la stessa strada (Via XI Febbraio, nel centro storico), morti lo stesso giorno, nei pressi della medesima località (Marmore), uno sopra e l’altro sotto la Cascata. A volte, taluni accadimenti sembrano voler dimostrare come il destino riesca a legare, con il suo filo imponderabile, le vicende umane. Con quel filo, quel giorno, il fato legò due tragedie. Era agosto 1970, il 21, e la città bolliva di caldo. S’usava allora (oggi non più), utilizzare le vasche a valle dell’orrido della Cascata delle Marmore, come piscine, durante i lunghi periodi di fermo dell’acqua. Così fecero un gruppo di ragazzi per trascorrere il pomeriggio. Renzo era con loro a nuotare e tuffarsi in allegria. A un certo punto lo videro annaspare e poi scomparire. Fu il panico e inutili gli interventi di soccorso. Renzo aveva 17 anni e per lui, la vita, appena cominciata, era già finita.
A quell’ora, Giuseppe, l’amico suo, stava percorrendo la strada verso Rieti, a bordo di una vecchia utilitaria targata nientemeno TR 34.626. Attraversando l’abitato di Marmore, mentre imboccava la stretta curva sul ponte sottopassato dal canale adduttore della Cascata, si scontrava con un’auto proveniente in senso contrario. Per Giuseppe, come per Renzo, nessuna possibilità di salvezza. Restiamo a Marmore, perché, sempre a Marmore, appena sette giorni prima (14 agosto) l’informazione locale riferisce, nel caso specifico, un evento bislacco che però avrebbe potuto avere anch’esso conseguenze tragiche: “Camion demolisce una casa, restando in bilico sul burrone”. Il burrone è quello che strapiomba sulla statale Valnerina, ai piedi della Cascata; il camion aveva “investito” un operaio del posto che se ne stava tranquillo in casa e la sua abitazione era andata in pezzi. Per fortuna, quell’ostacolo – annota il cronista – perché il volo altrimenti sarebbe stato senza scampo. Invece, l’uomo alla guida e il secondo autista sono rimasti illesi. Causa del sinistro, il solito probabile colpo di sonno.
Ancora la cronaca nera. In quest’altro episodio, accaduto, sempre nell’agosto del 1970, a Terni, c’è il timbro dell’assurdo. E un po’ pure dell’intrigante. Trascrivo il titolo : “Si reca in visita da un’amica, non la trova e le brucia la casa”. Nel testo si dice che tra i due non corresse buon sangue oppure che “gatta ci cova”, lui di Amelia, lei di Terni, vedova con figli maggiorenni. La donna se ne sta in villeggiatura e l’uomo, di sicuro molto stranito dall’afa e quell’assenza imprevista, finisce per dare di matto. Tanica di benzina alla mano, le irrora il portone di casa, accendendo – come si dice a Terni – un “focaraccio”. Gesto insano e riprovevole che gli costò una denuncia per danneggiamento aggravato da futili motivi. I motivi, se fossero futili oppure no, lui, da gentiluomo, a nessuno lo raccontò.
In una città che tradizionalmente poco riserva alla cronaca nera (per fortuna !), questa singolare concatenazione di eventi rappresenta già, di per se stessa, una notizia. In verità – nel tempo presente, a Terni – una preoccupante recrudescenza di imprese ladresche, sta mettendo in allarme l’opinione pubblica. Non soltanto le zone di periferia sono state prese di mira, ma anche abitazioni interne al centro urbano. Sino ad arrivare all’omicidio commesso da rapinatori. Sono segnali di pericolo che meritano l’attenzione non solo delle forze dell’ordine, perché potrebbero preludere ad una degenerazione del tessuto sociale, seppure addebitabile a stranieri oppure a soggetti legati alla malavita proveniente da altre città.
Tornando dov’ero partito e a quelle pagine ingiallite (45 anni sono un’ eternità), ora le ho riposte in archivio, però, di sicuro, qualcos’altro, degno di essere rimembrato, ci si potrà trovare. Tanto per narrare senza troppo impegno per chi scrive e, ancor meno, per i lettori (messi insieme, i miei saranno non più di tre o quattro). Comunque se la storia è autorevole maestra della vita, la cronaca, uno scalino più in basso, a volte riesce a trarre episodi smarriti dall’antologia della memoria. E ricordare eventi trascorsi non è semplice accademia (pseudo) letteraria.